Insulinoresistenza e sport
L’insulina è un ormone indispensabile per il corretto funzionamento del metabolismo energetico e in particolare del metabolismo glucidico. Senza un corretto funzionamento dell’insulina non saremmo assolutamente in grado, ad esempio, di regolare la glicemia e mantenere i livelli di glucosio nel sangue in concentrazioni fisiologiche.
I sintomi di insulinoresistenza sono: malfunzionalità del pancreas, minor capacità di regolare la glicemia, aumento dei livelli basali di insulina e un aumento dei livelli di insulina in risposta ad un pasto.
Scopriamo nel dettaglio cos’è l’insulinoresistenza e come lo sport può portare benefici e migliorare tale condizione
Cos’è l’insulinoresistenza?
Cause
L’insulinoresistenza interessa prevalentemente la popolazione adulta, con percentuali più alte per le fasce di età anziana. Le cause dell’insulinoresistenza sono diverse, ma derivano da una combinazione di predisposizione familiare e cattive abitudini, come alimentazione scorretta e sedentarietà.
La resistenza all’insulina rappresenta soltanto uno dei fattori di rischio cardiovascolare e può frequentemente associarsi agli altri, quali:
- Essere obesi o in sovrappeso. In particolare, è determinante la larghezza della circonferenza vita, ovvero l’obesità addominale. L’eccesso di grasso nella zona addominale, inoltre, è maggiormente associato alle malattie cardiovascolari, specialmente in presenza di colesterolo alto.
- L’ipertrigliceridemia, ovvero un livello di trigliceridi nel sangue troppo alto.
- Livelli bassi di colesterolo HDL. Il colesterolo HDL è quello considerato buono, in quanto riduce le probabilità di patologie cardiovascolari. Al contrario averlo basso aumenta il rischio di queste patologie.
- L’ipertensione arteriosa, soprattutto quando è superiore a 140/90 mmHg.
- L’ipotiroidismo.
- L’iperglicemia. Livelli alti di glicemia a digiuno possono essere un segno di allarme del diabete. I valori normali di riferimento della glicemia, misurata tramite esame a digiuno, sono compresi tra 60 e 110 mg/dl.
- Assunzione di steroidi per lunghi periodi.
- Avere alti livelli di stress.
- Essere affetti dalla malattia di Cushing o dell’ovaio policistico.
Sintomi dell’insulinoresistenza
In una fase iniziale non ci sono sintomi per la resistenza all’insulina. Come precedentemente spiegato, inizialmente si compensa la resistenza delle cellule con una maggiore produzione di insulina. Quando invece la compensazione non funziona più, e si verifica una condizione di iperglicemia, si possono avvertire sintomi come:
- sonnolenza e stanchezza;
- maggior senso di fame;
- difficoltà di concentrazione;
- problemi cardiovascolari, come aumento della pressione arteriosa;
- aumento di peso;
- livelli elevati di colesterolo cattivo, quello LDL.
Diagnosi ed esami
Per la diagnosi e definizione dell’insulinoresistenza e dei quadri clinici associati, si possono effettuare alcune indagini di laboratorio.
Le più utilizzate sono:
- Misurazione della glicemia, di solito eseguita a digiuno. In alcune situazioni può anche essere effettuato un test di tolleranza al glucosio (OGTT), con misurazioni ripetute dopo un carico di glucosio.
- Emoglobina glicata (HbA1c). Si tratta di un test che permette di stimare aumenti della concentrazione media di glucosio, nei 3 mesi precedenti al test. Si effettua misurando la percentuale di emoglobina glicata (quella legata al glucosio), presente nel sangue.
- Profilo lipidico. Comprende la misurazione completa dei trigliceridi, del colesterolo totale, di quello LDL e di quello HDL.
- Indice HOMA (Homeostatic Model Assessment). Si tratta di un test che, sulla base di un modello matematico, calcola la sensibilità all’insulina comparando le concentrazioni di glucosio nel plasma e l’insulinemia a digiuno. In questo modo, si può valutare l’evoluzione di un’eventuale sindrome metabolica.
Per ridurre gli effetti dell’insulinoresistenza ci sono diversi modi efficaci, dal seguire una corretta alimentazione ai trattamenti farmacologici. Sicuramente, ciò che può incidere in maniera molto forte nel miglioramento della sindrome metabolica, è un cambio nello stile di vita.
Complicanze
Nella condizione di insulinoresistenza le cellule epatiche e i tessuti muscolare e adiposo non rispondono adeguatamente alla stimolazione dell’insulina. Così, le cellule non sono più in grado di assorbire in maniera corretta e rapida il glucosio. Gli zuccheri rimangono nel sangue causando iperglicemia, una situazione che può portare a prediabete, diabete e altri disturbi.
Nella alterata glicemia a digiuno (un tempo chiamata prediabete), la glicemia nel sangue è più alta del dovuto (tra 100 e 125 mg%), ma i livelli non sono così elevati da consentire una diagnosi del diabete. Questa condizione rappresenta spesso l’anticamera del diabete.
Il diabete a sua volta, con gli anni, può portare altre complicanze, come:
- cardiopatie;
- ictus;
- infarto;
- cecità;
- insufficienza renale;
- amputazioni degli arti inferiori.
Trattamento e Prevenzione dell’insulinoresistenza
Dieta per l’insulinoresistenza
La dieta è un fattore modificabile che può essere causa o rimedio per l’insulino-resistenza. Una dieta ipo-normocalorica che abbia delle caratteristiche generali ben precise: aumento di frutta e verdura (aumento principalmente dell’assunzione di fibre e micronutrienti utili per la regolazione glicemica), una riduzione dei grassi saturi e trans e un aumento dei grassi insaturi, un eventuale riequilibrio tra assunzione di grassi omega 6 e omega 3, porta anche all’aumento della sensibilità all’insulina indipendentemente dalla perdita di peso.
Quello che però possiamo dire è che sicuramente ci potrebbero essere abitudini alimentari e interventi dietetici che possono assecondare la condizione fisio-patologica del soggetto insulinoresistente, evitando di andare a forzare un sistema di regolazione dell’omeostasi che è invece difettoso. Nello specifico, dunque, è bene intervenire aumentando l’apporto di fibre, che si possono ottenere consumando una maggior quantità di alimenti integrali, legumi, verdure e frutta poco zuccherina, quando possibile con la buccia.
Ancora, evitare pasti e diete troppo abbondanti in carboidrati, in quanto i soggetti insulinoresistenti sono meno in grado di tollerare i glucidi e di mantenere i livelli fisiologici di glicemia postprandiale. Questo non significa dover seguire necessariamente diete low carb o chetogeniche, ma semplicemente tener presente che un minor carico glicemico dell’intera dieta può aiutare a rendere meno evidente la condizione di insulinoresistenza.
Insulinoresistenza e sport
L’esercizio fisico è l’intervento elettivo per migliorare l’insulinoresistenza, sia nei soggetti sovrappeso sia nei soggetti. Anzi, alcuni studi notano anche benefici maggiori nella sensibilizzazione all’insulina nei soggetti obesi, probabilmente perché questi soggetti partono da condizioni di base peggiori.
L’esercizio fisico, sia di tipo aerobico sia di tipo anaerobico. Nello specifico, l’esercizio aerobico sembra essere in grado di migliorare acutamente la resistenza all’insulina aumentando l’assorbimento di glucosio nelle cellule. Ad esempio, una sessione di allenamento di 25-60 minuti (al 60-95% della VO2 max), per 3-5 giorni, può causare un “immediato” aumento della sensibilità all’insulina.
Chiariamo che l’esercizio aerobico, eseguito routinariamente, porta cambiamenti benefici nella sensibilità all’insulina anche e soprattutto a lungo termine. E un aspetto importante da sottolineare è che il miglioramento della sensibilità all’insulina a seguito dell’esercizio fisico può verificarsi indipendentemente dalla perdita di peso.
Anche gli esercizi di forza (sollevamento pesi) sono associati ad un aumento della sensibilità all’insulina. Chiaramente l’esercizio anaerobico, esattamente come l’esercizio aerobico, tende ad aumentare la sensibilità all’insulina indipendentemente dal miglioramento della composizione corporea, ma in questo caso l’effetto maggiore lo si ottiene, nel tempo, proprio attraverso l’aumento di massa muscolare – obiettivo primario dell’esercizio con i pesi.
Infatti, poiché il tessuto muscolo-scheletrico è a tutti gli effetti un organo metabolico che contribuisce alla regolazione glicemica (perché fa da “tampone”, aumentando l’assorbimento del glucosio in eccesso e, soprattutto, utilizzandolo quando si fa attività fisica), maggior quantità di massa muscolare abbiamo e maggiore è la sensibilità periferica all’insulina.
Integrazione per l’insulinoresistenza
Sono tantissime le sostanze e gli integratori che, nel tempo, sono state proposte come efficaci per migliorare la sensibilità all’insulina e quindi per ridurre i livelli insulinici e glicemici.
Il cromo, ad esempio, è spesso utilizzato per ridurre la resistenza all’insulina.
Anche il magnesio contribuisce al miglioramento della glicemia e della sensibilità all’insulina. Da notare che si verifica maggior efficacia dall’utilizzo di questi integratori in soggetti con carenze di questi microelementi.
Gli omega 3 contribuiscono a migliorare la sensibilità all’insulina. Gli omega 3, infatti, sono sostanze con conclamate azioni anti-infiammatorie, con effetti benefici riguardanti il profilo lipidico.
Come abbiamo visto, nella gestione dell’insulinoresistenza molto importante è lo stile alimentare e la pratica di attività fisica. Infatti, avere uno stile di vita sedentario e seguire una dieta ipercalorica, molto ricca di carboidrati e zuccheri, può creare le basi per l’insorgenza dell’insulinoresistenza.
Iordanova Galia